Non esisterà mai una medicina in grado di fermare l'invecchiamento ma "si stanno studiando molecole e farmaci in grado di agire sulle cosiddette cellule senescenti e quindi cercando di mantenere in qualche modo più giovane l'organismo". E' il messaggio che ha dato la professoressa Patrizia Mecocci, direttore della Struttura complessa di Geriatria dell'Azienda ospedaliera di Perugia e ordinario di Gerontologia e geriatria all'Università degli Studi al convegno su Biotecnologie e invecchiamento che si è tenuto nel capoluogo umbro. "L'obiettivo - ha spiegato la geriatra - è di ridurre le malattie croniche che rappresentano il maggior rischio di disabilità, morbilità e mortalità. Quindi invecchiare più lentamente". Secondo la geriatra comunque "il problema è che ancora si conosce pochissimo sull'efficacia di queste molecole". "Un mondo completamente da esplorare - ha aggiunto - e anche nel laboratorio di studi sull'invecchiamento della Geriatria di Perugia ci stiamo proprio occupando di molecole che agiscano sull'invecchiamento e valuteremo se sarà possibile ridurre il carico delle cellule senescenti". "Non esiste una medicina contro l'invecchiamento perché l'insegnamento che danno le biotecnologie è che in un sistema complesso non c'è un elemento singolo ma tanti che contribuiscono a indirizzare la traiettoria inevitabilmente verso l'invecchiamento ma con una velocità diversa" ha quindi spiegato il professor Gianluigi Cardinali, ordinario di Microbiologia all'Università degli Studi di Perugia. "Siamo organismi eucarioti che si sono condannati a morte già dalle prime cellule - ha aggiunto -, a differenza dei batteri che sono virtualmente immortali. Che questa sia la fine è inevitabile ma che uno la possa rallentare e rendere la qualità della vita meno drammatica è un buon obiettivo anche per le biotecnologie". "Lo sforzo della ricerca è di fornire una tecnologia che migliori le condizioni" ha sottolineato il professor Luca Gammaitoni, fisico sperimentale, anche lui dell'Università degli Studi di Perugia. "Pensiamo all'antica tradizione delle protesi - ha proseguito - che risalgono all'antico Egitto. L'uomo infatti ha sempre cercato di sistemare quello che funzionava. Adesso la pretesa è andata oltre, non solo riparare danni ma addirittura potenziare, pensiamo agli esoscheletri. La frontiera di questo mondo è attualmente l'intelligenza artificiale". Il fisico ha quindi ricordato che "uno dei danni tipici dell'invecchiamento è la demenza che sta diventando una malattia sociale". "L'intelligenza artificiale - ha aggiunto - può diagnosticare in anticipo l'insorgere della malattia ma anche poi fornire strumenti per attenuarne gli effetti. Pensiamo al riconoscimento delle immagini e della parola, alla lettura dei testi. Quindi siamo in un mondo in cui - ha concluso il professor Gammaitoni - la tecnologia e la scienza si affiancano al tema dell'invecchiamento per fornire nuovi strumenti".
Dalle biotecnologie l'aiuto per organismo "più giovane"
